avv. PAOLINO ARDIA | Eppure sono un essere umano! - anche se carcerato; nessuno ci pensa?
In questi giorni di esilio domestico forzato, ciascuno di noi sta sperimentando, seppur per ragioni eccezionali di salute pubblica e non certo per colpe individuali, una forma di detenzione domiciliare significativamente incidente sulle nostre libertà individuali, peraltro comminata per decreto della ...
cronaca, blog, avvocato Ardia, politica, Coronavirus, Covid19, carceri, evasi, denunce, polizia penitenziaria, reato ostativo
16218
post-template-default,single,single-post,postid-16218,single-format-standard,ajax_fade,page_not_loaded,,qode-theme-ver-17.2,qode-theme-bridge,wpb-js-composer js-comp-ver-7.2,vc_responsive
 

Eppure sono un essere umano! – anche se carcerato; nessuno ci pensa?

Eppure sono un essere umano! – anche se carcerato; nessuno ci pensa?

In questi giorni di esilio domestico forzato, ciascuno di noi sta sperimentando, seppur per ragioni eccezionali di salute pubblica e non certo per colpe individuali, una forma di detenzione domiciliare significativamente incidente sulle nostre libertà individuali, peraltro comminata per decreto della Presidenza del Consiglio.
Le migliaia di denunce già scattate nei confronti di soggetti ritenuti in violazione delle disposizioni governative – anche solo per essere andati a passeggio senza una motivazione particolare – dimostrano quanto sia difficile rinunciare a tali libertà e ciò persino quando la clausura è imposta in case confortevoli e fornite di ogni dotazione e non certo in una cella angusta e promiscua; persino di fronte a un nemico concreto che ha fatto duemila morti in una manciata di giorni.
L’insofferenza – comprensibile e diffusa – verso le restrizioni (sacrosante!) imposte per fronteggiare l’emergenza Coronavirus dovrebbe dunque consentire una riflessione pacata e non preconcetta – un po’ più umana di quanto solitamente non accada – verso i rischi e le difficoltà che in questi giorni vivono le persone detenute negli istituti penitenziari, che immagino attanagliate dalla paura che il virus arrivi fino alle carceri, braccandoli come topi su una nave in fiamme.
Devono, quindi, essere accolte con estremo favore le disposizioni normative che vanno verso l’agevolazione delle procedure dirette alla concessione di misure alternative alla detenzione nei confronti dei reclusi che hanno un residuo pena relativamente basso e, in tale prospettiva, il nostro legislatore – che tanta disinvoltura sta avendo nel comprimere le libertà di noi tutti – dovrebbe avere il coraggio di allargare consistentemente le maglie per la effettiva fruibilità del beneficio, superando per una volta il feticcio del c.d. reato ostativo e guardando in faccia il problema, che rischia di deflagrare su una scala non ammissibile in uno Stato moderno e liberale, col rischio di coinvolgere anche il personale della Polizia Penitenziaria, che di fatto vive gomito a gomito coi detenuti.

Occorre farlo in fretta, prima che sia troppo tardi.